Chi sei e di che cosa ti occupi?
Mi chiamo Daniela Di Maro, ho 35 anni e sono una (felice) artista visiva. Credo che il lavoro che faccio, per la sua intrinseca trasversalità, sia tra i più interessanti che l’uomo abbia mai potuto inventare… La mia ricerca è la conseguenza di un approccio interdisciplinare in cui convivono riflessioni di carattere antropologico, biologico ed estetico, veicolate spesso dall’utilizzo delle nuove tecnologie. L’osservazione delle dinamiche naturali è alla base del mio operato che, attraverso i linguaggi del disegno, del video e dell’installazione, indaga altre possibili relazioni tra l’Uomo e la Natura. Praticamente, indago, ricerco e studio determinati fenomeni e li elaboro, dando vita a scenari e sensazioni inconsuete, alimentando riflessioni (spero!) in chi si trova dall’altra parte ad osservare. In verità, chi osserva le mie opere, diventa parte integrante ed attiva dell’opera stessa, anche se, spesso, lo diventa in maniera inconsapevole…
Quali strumenti usi per il tuo lavoro?
Gli stumenti che utilizzo sono molteplici e, ovviamente, dipendono dal tipo di intervento che intendo fare. Se devo disegnare o progettare, utilizzo le consuete attrezzature da disegnatore “analogico”, prediligendo le penne grafiche ed utilizzando molto poco matita e gomma perché, per fortuna, sbaglio raramente (!). Poi, se necessario, trasporto tutto anche in digitale, soprattutto per colorare, e quindi utilizzo Photoshop, Illustrator, SketchBook Express e simili.
Se invece lavoro ad un video, parto dall’acquisizione delle immagini che mi interessano, riprendendo con una videocamera senza troppe funzioni avanzate e poi, lavorando sul girato con dei semplici programmi di montaggio come iMovie e Premiere. Non mi serve molto altro, in questo caso: le sequenze che catturo sono spesso abbastanza vicine alle mie idee e non richiedono particolari effetti. Utilizzo anche molto internet, da cui scarico alcuni contenuti che mi interessano e che rielaboro successivamente, quando necessario, e con gli stessi programmi.
Infine, argomento più complesso è quello delle installazioni. In questo caso gli strumenti che utilizzo sono veramente tanti e spaziano dai componenti elettronici più basilari, fino ad arrivare a sistemi più complessi supportati da microcontrollori o circuiti realizzati ad hoc che mi consentono di rendere attivi, interattivi, sonori e visivi, i miei lavori. In ogni caso, una presenza costante è quella di un computer. Molto spesso, poi, a questi elementi, si associano quelli più tradizionali come trapani, seghe, martelli, scalpelli e saldatori, che mi aiutano a dare forma concreta alle mie idee.
Quale software?
In parte ho già risposto prima a questa domanda, e aggiungo solo che molto spesso, per i sistemi più complessi che progetto, mi avvalgo di preziose collaborazioni con esperti informatici, sound designer ed ingegneri che hanno progettato e realizzato dalla A alla Z, alcuni software per me. Un recente esempio è quello di “Anastatica sensibile”, una grande installazione interattiva custodita tra le mura del Museo di Castel Sant’Elmo, a Napoli e che ha vinto un importante riconoscimento nel 2012.
Come miglioreresti quello che usi per lavorare?
Mi piacerebbe che determinati strumenti diventassero più accessibili e più intuitivi, ma in generale, sono abbastanza soddisfatta di ciò che utilizzo. Nonostante qualche volte abbia bisogno di rinnovare delle attrezzature, cerco di far buon uso di quello che ho già, per non incrementare ulteriormente certi tipi di mercati, già abbondantemente saturi e inflazionati… Inoltre, mi piacerebbe molto che il discorso open source crescesse ancora, dando la possibilità di condividere ed aumentare delle esperienze che, in altro modo, risulterebbero ancora difficili e ancora più costose.